Lacedonianews Archivio Anno 2006

 

Resoconto del convegno sul 54° anniversario dell'occupazione delle terre

 

In occasione del 54° anniversario dell’occupazione delle terre si è svolto a Lacedonia (AV) il convegno sul tema: "Fu disubbidienza, non violenza o cos’altro per i Comunisti di ieri e di oggi".

Quali lezioni trarre da quelle lotte per il Pane e il Lavoro? Per proseguire nel cammino della Rifondazione Comunista.

 

Abbiamo purtroppo dovuto registrare l’assenza del Compagno Nichi Vendola, per motivi di salute, noi gli formuliamo l’augurio di una presta guarigione, cosi poi ci potrà venire a trovare e non mancheranno le occasioni per un suo impegno a Lacedonia, peraltro da lui stesso gia prenotato.

 

L’introduzione è di Antonio Di Ninno, il quale inserisce questa iniziativa nel quadro di tre manifestazioni e come percorso di pace e non violenza che si concluderà con la partecipazione alla manifestazione mondiale contro le guerre ed il terrorismo il 20 marzo a Roma. Vengono portati all’assemblea gli auguri di buon lavoro da parte Vendola, scusandolo per l’assenza, e letto una breve nota di Antonio Cocozzello, nostro concittadino emigrato a Torino e protagonista in quel periodo in quanto dirigente locale e Provinciale del PCI, ed anche di Giorgio Cremaschi il quale, impegnato nel Comitato direttivo nazionale della FIOM, non ha potuto essere presente ai lavori, e tanti altri che non cito per necessità di sintesi.

 

L’assemblea è ben moderata dal Dottor Marco D’Acunto, giornalista di Telenostra e del corriere di dell’Irpinia, il quale ribadisce che fu un diritto di quei contadini occupare le terre incolte e mal coltivate per sfamarsi e che, comunque, quei fatti hanno segnato la storia delle persone e non solo anche del tempo dei luoghi, non fu violenza anzi di fronte all’assenza dello stato, (che sta sempre con i forti) i contadini, i braccianti, il popolo, si è appropriato di un suo diritto che era il lavoro ed il pane.

La testimonianza del compagno Quatrale è stata quella più toccante, soprattutto quando racconta delle lotte di quel periodo e dice: "le sezioni erano piene di Compagni, si discuteva sempre tutte le sere e ci riunivamo per decidere che fare il giorno dopo. L’ora X ( cioè il giorno dell’occupazione) era notizia riservata a pochi dirigenti".

Le discussioni iniziarono gia nel 1946, durante le elezioni, quando quei quattro Cafoni, quei quattro ignoranti nel triangolo rosso, Lacedonia, Bisaccia, Aquilonia, dettero una sonora sconfitta alla Democrazia Cristiana e, nonostante le persecuzioni politiche le sinistre, stravinsero le elezioni, cosi come precedentemente avevano vinto il referendum contro la Monarchia e per la Repubblica.

Con l’occupazione delle terre la fame fu vinta e dice, tra l’altro, leggendo, a conclusione del suo intervento, un brano della poesia di un altro conterraneo e dirigente della sinistra di allora, Pasquale Stiso di Andretta: "abbiamo imparato a vivere, dopo secoli di ignoranza, ora possiamo anche morire".

Altre sono state le testimonianza toccanti, non solo per la lettura di alcuni brani dell’occupazione delle terre in Alta Irpinia 1945-1950 a cura di Paolo Speranza edito dalla CGIL di Avellino, ma anche quelli di chi ancora oggi ha dentro di se viva quella esperienza che, appunto, ne segnò i caratteri delle persone, in particolare Saverio Zichella che ebbe il fratello ed il Padre entrambi arrestati per quei fatti, processati e poi assolti; egli, durante l’occupazione, faceva la staffetta poiché era ragazzino, e quindi insospettabile, e quella di Innarella, che scampò l’arresto perchè scambiò il cappotto e la coppola con un altro compagno per cui quando fermarono quest’ultimo si resero conto che non era quello che cercavano.

Il giovane M.Gennaro Imbriano che da quelle lotte ritiene che l’insegnamento che ci viene trasmesso è di continuare per quella strada e non arrendersi, pochè la lotta per il pane ed il lavoro fu anche una lotta per la Libertà e la Democrazia. Fu una lotta non violenta che subì a sua volta la violenza di uno Stato assente per le grandi masse popolari del Mezzogiorno d’Italia. Michele Frascione:" la lotta per il pane, il lavoro, la libertà e la Democrazia non vennero dall’alto ma fu conquistata sul campo, appunto dai contadini poveri e quasi analfabeti".

La lotta non solo per la terra ma anche per conquistare quei diritti e quei valori che vanno oltre la fame ed il lavoro. Facciamo tesoro di quella esperienza e riproponiamo una grande lotta per lo sviluppo del Calaggio, siamo centrale e non periferia, come ci vogliono far credere e relegare, dobbiamo reagire a questa nuova ondata di emigrazione.

 

Sono intervenuti, inoltre, Michele Solazzo e Rocco Pignatiello, i quali si sono posti il problema se i politici di oggi non stiano strumentalizzando la storia per fini di parte e che in ogni caso non convince l’accostamento di quei fatti alla non violenza, perché fu conflitto sociale e fu vittoria per i protagonisti, e per certi versi fu anche resistenza.

 

Le conclusioni sono affidate al professor Guido D’Agostino e pongono due questioni fondamentali.

La prima è la Comunità e la Memoria, gli avvenimenti e le personali esperienze, che come ha detto Marco D’Acunto segnano la Vita e cambiano il modo di essere di ognuno. Le lotte per la terra hanno cambiato il comportamento dell’individuo e dell’intera Comunità.

La lotta per la terra e l’affermazione della Costituzione Repubblicana è stata anche determinante per il cambiamento della Storia d’Italia, il 22% venne dal Mezzogiorno e influì non poco per la vittoria.

Il diritto alla Memoria non si può cancellare. La memoria non riguarda solo il passato, essa fa parte del progetto di vita che si intende costruire. Allora il Diritto al Lavoro ed alla soddisfazione del diritto più elementare di quello dell’esistenza e quindi la lotta contro la fame è inalienabile.

La seconda questione sollevata è la Violenza nella passione politica e la trasformazione culturale del conflitto. La guerra è altra cosa e nessuno ha la parola definitiva su violenza e prassi politica.

Certo non sono assimilabili i due Eventi che hanno segnato la prima metà del '900, in pratica il 1917 con la Rivoluzione d’Ottobre e il 1940 col Nazifascismo.

La storia la si può contestualizzare ma non processare. Il Comunismo di oggi, quando dice io voglio la felicità, voglio vivere lentamente la mia Vita, nel comunismo di Marx Heghel queste cose non erano previste. Da qui il ragionamento del terzo Millennio sul Comunismo e non violenza che non significa abiura delle esperienze del passato o addirittura, come è stato detto, della resistenza. Ogni popolo, quando è oppresso, ha il diritto di opporsi così come è legittimo che il popolo iracheno rivendichi la propria autodeterminazione e chieda alle forze occupanti di lasciare il proprio Paese.

Il Comunismo, quindi, oggi è un mettersi in discussione per continuare il cammino e dare una speranza. Già nel '700 Kant parlava di progetto di pace Universale ed oggi con il Movimento dei Movimenti si è affermato o no un progetto di Pace nel Mondo.

In prospettiva la Guerra e il Terrorismo non hanno nessuna speranza di affermarsi sull’Umanità.

La prima vera Globalizzazione avvenne con la Seconda guerra mondiale, oggi Marcos dice che il fucile e la pistola non possono essere le propaggini allungate del nostro corpo.

Perché allora dobbiamo avere paura di questa grande novità, che è la non violenza rispetto alla guerra permanente, alla sopraffazione ed alle barbarie?.

 

Resoconto sommario dell’assemblea del 12-03-2004 a cura di Antonio di Ninno

 

Lacedonia 15/03/04

 


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