Resoconto del convegno sul 54° anniversario dell'occupazione delle terre
In occasione del
54° anniversario dell’occupazione delle terre si è svolto a Lacedonia (AV)
il convegno sul tema: "Fu disubbidienza, non violenza o cos’altro per i
Comunisti di ieri e di oggi".
Quali lezioni
trarre da quelle lotte per il Pane e il Lavoro? Per proseguire nel cammino
della Rifondazione Comunista.
Abbiamo purtroppo
dovuto registrare l’assenza del Compagno Nichi Vendola, per motivi di
salute, noi gli formuliamo l’augurio di una presta guarigione, cosi poi ci
potrà venire a trovare e non mancheranno le occasioni per un suo impegno a
Lacedonia, peraltro da lui stesso gia prenotato.
L’introduzione è
di Antonio Di Ninno, il quale inserisce questa iniziativa nel quadro di tre
manifestazioni e come percorso di pace e non violenza che si concluderà con
la partecipazione alla manifestazione mondiale contro le guerre ed il
terrorismo il 20 marzo a Roma. Vengono portati all’assemblea gli auguri di
buon lavoro da parte Vendola, scusandolo per l’assenza, e letto una breve
nota di Antonio Cocozzello, nostro concittadino emigrato a Torino e
protagonista in quel periodo in quanto dirigente locale e Provinciale del
PCI, ed anche di Giorgio Cremaschi il quale, impegnato nel Comitato
direttivo nazionale della FIOM, non ha potuto essere presente ai lavori, e
tanti altri che non cito per necessità di sintesi.
L’assemblea è ben
moderata dal Dottor Marco D’Acunto, giornalista di Telenostra e del corriere
di dell’Irpinia, il quale ribadisce che fu un diritto di quei contadini
occupare le terre incolte e mal coltivate per sfamarsi e che, comunque, quei
fatti hanno segnato la storia delle persone e non solo anche del tempo dei
luoghi, non fu violenza anzi di fronte all’assenza dello stato, (che sta
sempre con i forti) i contadini, i braccianti, il popolo, si è appropriato
di un suo diritto che era il lavoro ed il pane.
La testimonianza
del compagno Quatrale è stata quella più toccante, soprattutto quando
racconta delle lotte di quel periodo e dice: "le sezioni erano piene di
Compagni, si discuteva sempre tutte le sere e ci riunivamo per decidere che
fare il giorno dopo. L’ora X ( cioè il giorno dell’occupazione) era notizia
riservata a pochi dirigenti".
Le discussioni
iniziarono gia nel 1946, durante le elezioni, quando quei quattro Cafoni,
quei quattro ignoranti nel triangolo rosso, Lacedonia, Bisaccia, Aquilonia,
dettero una sonora sconfitta alla Democrazia Cristiana e, nonostante le
persecuzioni politiche le sinistre, stravinsero le elezioni, cosi come
precedentemente avevano vinto il referendum contro la Monarchia e per la
Repubblica.
Con l’occupazione
delle terre la fame fu vinta e dice, tra l’altro, leggendo, a conclusione
del suo intervento, un brano della poesia di un altro conterraneo e
dirigente della sinistra di allora, Pasquale Stiso di Andretta: "abbiamo
imparato a vivere, dopo secoli di ignoranza, ora possiamo anche morire".
Altre sono state
le testimonianza toccanti, non solo per la lettura di alcuni brani
dell’occupazione delle terre in Alta Irpinia 1945-1950 a cura di Paolo
Speranza edito dalla CGIL di Avellino, ma anche quelli di chi ancora oggi ha
dentro di se viva quella esperienza che, appunto, ne segnò i caratteri delle
persone, in particolare Saverio Zichella che ebbe il fratello ed il Padre
entrambi arrestati per quei fatti, processati e poi assolti; egli, durante
l’occupazione, faceva la staffetta poiché era ragazzino, e quindi
insospettabile, e quella di Innarella, che scampò l’arresto perchè scambiò
il cappotto e la coppola con un altro compagno per cui quando fermarono
quest’ultimo si resero conto che non era quello che cercavano.
Il giovane
M.Gennaro Imbriano che da quelle lotte ritiene che l’insegnamento che ci
viene trasmesso è di continuare per quella strada e non arrendersi, pochè la
lotta per il pane ed il lavoro fu anche una lotta per la Libertà e la
Democrazia. Fu una lotta non violenta che subì a sua volta la violenza di
uno Stato assente per le grandi masse popolari del Mezzogiorno d’Italia.
Michele Frascione:" la lotta per il pane, il lavoro, la libertà e la
Democrazia non vennero dall’alto ma fu conquistata sul campo, appunto dai
contadini poveri e quasi analfabeti".
La lotta non solo
per la terra ma anche per conquistare quei diritti e quei valori che vanno
oltre la fame ed il lavoro. Facciamo tesoro di quella esperienza e
riproponiamo una grande lotta per lo sviluppo del Calaggio, siamo centrale e
non periferia, come ci vogliono far credere e relegare, dobbiamo reagire a
questa nuova ondata di emigrazione.
Sono intervenuti,
inoltre, Michele Solazzo e Rocco Pignatiello, i quali si sono posti il
problema se i politici di oggi non stiano strumentalizzando la storia per
fini di parte e che in ogni caso non convince l’accostamento di quei fatti
alla non violenza, perché fu conflitto sociale e fu vittoria per i
protagonisti, e per certi versi fu anche resistenza.
Le conclusioni
sono affidate al professor Guido D’Agostino e pongono due questioni
fondamentali.
La prima è la
Comunità e la Memoria, gli avvenimenti e le personali esperienze, che come
ha detto Marco D’Acunto segnano la Vita e cambiano il modo di essere di
ognuno. Le lotte per la terra hanno cambiato il comportamento dell’individuo
e dell’intera Comunità.
La lotta per la
terra e l’affermazione della Costituzione Repubblicana è stata anche
determinante per il cambiamento della Storia d’Italia, il 22% venne dal
Mezzogiorno e influì non poco per la vittoria.
Il diritto alla
Memoria non si può cancellare. La memoria non riguarda solo il passato, essa
fa parte del progetto di vita che si intende costruire. Allora il Diritto al
Lavoro ed alla soddisfazione del diritto più elementare di quello
dell’esistenza e quindi la lotta contro la fame è inalienabile.
La seconda
questione sollevata è la Violenza nella passione politica e la
trasformazione culturale del conflitto. La guerra è altra cosa e nessuno ha
la parola definitiva su violenza e prassi politica.
Certo non sono
assimilabili i due Eventi che hanno segnato la prima metà del '900, in
pratica il 1917 con la Rivoluzione d’Ottobre e il 1940 col Nazifascismo.
La storia la si
può contestualizzare ma non processare. Il Comunismo di oggi, quando dice io
voglio la felicità, voglio vivere lentamente la mia Vita, nel comunismo di
Marx Heghel queste cose non erano previste. Da qui il ragionamento del terzo
Millennio sul Comunismo e non violenza che non significa abiura delle
esperienze del passato o addirittura, come è stato detto, della resistenza.
Ogni popolo, quando è oppresso, ha il diritto di opporsi così come è
legittimo che il popolo iracheno rivendichi la propria autodeterminazione e
chieda alle forze occupanti di lasciare il proprio Paese.
Il Comunismo,
quindi, oggi è un mettersi in discussione per continuare il cammino e dare
una speranza. Già nel '700 Kant parlava di progetto di pace Universale ed
oggi con il Movimento dei Movimenti si è affermato o no un progetto di Pace
nel Mondo.
In prospettiva la
Guerra e il Terrorismo non hanno nessuna speranza di affermarsi
sull’Umanità.
La prima vera
Globalizzazione avvenne con la Seconda guerra mondiale, oggi Marcos dice che
il fucile e la pistola non possono essere le propaggini allungate del nostro
corpo.
Perché allora
dobbiamo avere paura di questa grande novità, che è la non violenza rispetto
alla guerra permanente, alla sopraffazione ed alle barbarie?.
Resoconto
sommario dell’assemblea del 12-03-2004 a cura di
Antonio di Ninno
Lacedonia
15/03/04
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