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N i c o l a

 

V e l l a

 

 

"Sono nato a Monteverde (Avellino) nel 1901. Sono nullatenente. Autodidatta, debbo tutto a me stesso, alla mia volontà, all'ambizione di essere qualche cosa. Ho vissuto la mia prima giovinezza negli Stati Uniti (...). Lavorai in fabbrica. La sera frequentavo la "Lincoln Jefferson". Conseguii, nel 1917, il diploma di Baccelliere: Bachelor of Arts. In Italia, ove tornai nel 1918, sono stato modesto impiegato delle FF.SS.. Poi correttore di bozze o cronista in vari giornali, per lo più a Napoli. Nel 1926, quando il fascismo diventò regime, fui licenziato. Vissi insegnando in istituti privati e collaborando a vari giornali, con novelle, articoli di critica letteraria, storia (...)".

Nell'incipit di questo efficace "contributo alla critica di se stesso", pubblicato nell'Almanacco Forense da lui curato in due edizioni, nel 1975 e 1977, Nicola Vella ci consegna il senso di un'esistenza pienamente vissuta, attiva e dinamica, nel segno delle idee di libertà e di progresso. In nome delle quali, poco più che ventenne, si schierò apertamente tra gli oppositori del fascismo, a cui pure inizialmente, anche per la suggestione, come ha scritto Raffaele La Sala, di "confusi umori marinettiani e un gusto per la provocazione intellettuale", aveva guardato con simpatia e fiducia, nell'effimera illusione di un'autentica svolta rivoluzionaria, come rivelerà nel 1923 nell'opuscolo Riflessioni di un ex fascista sul Fascismo irpino. La censura mussoliniana si abbattè allora non solo sui giornali a cui Vella collaborava ("La Voce Repubblicana" a Roma, "L'Azione" di Napoli, il "Corriere dell'Irpinia" diretto da Dorso) ma persino sulla più importante delle tre raccolte poetiche a cui aveva affidato la sua inesauribile vena creativa: "Nel 1940 - scrive nell'Almanacco - pubblicai Barricata Ideale, raccolta di poesie. Fu sequestrato "per l'eccessivo pessimismo della prefazione", secondo il decreto. Lo fu, invece, perchè il titolo (era proibito parlare di barricate), alcune poesie come La Roccia, e alcuni versi - come "Io voglio ardere/Non voglio spegnermi" - esprimevano la volontà di "non mollare".

Nel frattempo Vella realizza un'antica aspirazione, iscrivendosi alla facoltà di Giurisprudenza all'Ateneo di Camerino, l'unico all'epoca in Italia (per il suo particolare statuto di tipo europeo, risalente addirittura al tempo del Sacro Romano Impero) a consentire l'iscrizione all'università a quanti, come il giovane intellettuale irpino, non possedevano la maturità classica o scientifica ma solo il diploma di un indirizzo tecnico. Ivi si laureò il 12.XI.1931 con un’ardita tesi: “Il furto di energia genetica” (successivamente pubblicata in opuscolo), una visione dottrinaria accettata dalla giurisprudenza solo di recente, dopo la diffusione dell’inseminazione artificiale e gli studi sul genoma. Dopo la laurea comincia a frequentare gli studi legali di due maestri di libertà e di coerenza: a Monteverde Giovanni Leonida Capobianco (che a Camerino aveva anche insegnato) e ad Avellino Guido Dorso, due figure prestigiose dell'antifascismo irpino che segneranno profondamente la formazione politica e professionale (nonchè lo stile scarno ed incalzante degli scritti e delle arringhe) di Vella, che dopo la caduta del fascismo è al fianco di Dorso nel Partito d'Azione, al giornale "Irpinia Libera" e nel Comitato di Liberazione Nazionale. Proprio su designazione del CLN Vella viene nominato per il biennio 1944/45 commissario prefettizio a Bisaccia e sindaco di Lacedonia (dove esercitava la professione legale e si era trasferito nel '32 in seguito al matrimonio con Isa Galderisi, figlia di Michele, medico e due volte sindaco e consigliere provinciale prima del fascismo). Nel ’46, alle prime elezioni amministrative dell'Italia repubblicana, il larghissimo consenso popolare lo conferma sindaco, da indipendente nella lista del Fronte Popolare, che a Lacedonia ottiene la maggioranza assoluta.

Dopo il 25 aprile, dunque, si apre per Vella il decennio più intenso e proficuo della sua instancabile attività di amministratore locale, dirigente politico e pubblicista.

Già nel 1947 "La Voce Repubblicana", nell'editoriale del 24 gennaio, indica l'amministrazione comunale di Lacedonia come un modello di efficienza e di democrazia. E nell'arco di un quinquennio Lacedonia diventa l'epicentro di una fase propulsiva e di rinnovamento politico in Alta Irpinia, come ricorderà poi efficacemente Antonio Cocozzello, uno dei protagonisti di quella stagione, nel volume Lacedonia. Qualcosa di nuovo nel Mezzogiorno (Torino 1980). Le novità più rilevanti riguardavano la trasparenza e il rigore amministrativo, gli sgravi fiscali (abolizione di imposte di famiglia, censi, tributi enfiteutici) per i cittadini poveri, l'impulso ad una serie di attività socio-culturali, la concessione di una quota di cento ettari alla cooperativa "La Terra". E il Comune di Lacedonia costituì il centro propulsore della grandiosa mobilitazione contadina nel marzo del '50, rievocata di recente, con ricerche e testimonianze, nel volume L'occupazione delle terre in Alta Irpinia 1945-1950, edito dalla Cgil irpina e dall'Associazione Tempi Moderni Avellino, con la presentazione di Sergio Cofferati.

L’effetto propulsore si moltiplicò quando nel ‘46 il Vella concepì e costituì tra i Comuni della zona il Consorzio Idrico dell’Alta Irpinia, di cui divenne Presidente a titolo gratuito e che portò l’acqua corrente in quei paesi assetati, vincendo una dura battaglia contro l’Acquedotto Pugliese.

Per migliaia di persone, a Lacedonia, tutto questo significava uscire da uno stato di miseria e di fame, dall'ignoranza e dall'isolamento, dalla sudditanza anche psicologica rispetto ai latifondisti, alla retriva borghesia locale, al clero. Scriveva in quegli anni su "Rinascita" Giorgio Amendola: "Dalle sorti di una cooperativa contadina del Cilento, dall'opera di un amministratore democratico di un comunello dell'Alta Irpinia, dall'attività di una scuola per analfabeti nel Materese (...) dipende la partecipazione consapevole, organizzata, permanente di migliaia di lavoratori alla vita politica, sottratti ad uno stato tradizionale di asservimento materiale e morale, e diventati finalmente protagonisti liberi e coscienti della nuova vita nazionale". I riconoscimenti all'amministrazione Vella giungevano non solo dal fronte progressista, ma anche da giornali di tendenza opposta (il "Roma", nel 1948, il democristiano "Corriere dell'Irpinia") e persino dal leader indiscusso della Dc irpina, Fiorentino Sullo.

L'impegno di Vella per l'Alta Irpinia,  si indirizzava anche verso iniziative più vaste e generali: il 3 ottobre del '50, a Napoli, alla grande Assemblea generale del Comitato nazionale per la Rinascita del Mezzogiorno, fu designato lui a prendere la parola in rappresentanza dell'Irpinia, per ribadire la denuncia sociale e le proposte elaborate, dal '48, nella pubblicazione Alta Irpinia. Documenti per la rinascita del Mezzogiorno. E in Irpinia e a Roma fu Vella il più convinto e autorevole sostenitore dell'estensione della Riforma Agraria all'Alta Irpinia, che il governo De Gasperi tuttavia non concesse.

Tuttavia, le stesse ragioni che, a sinistra, facevano del comune di Lacedonia una bandiera del cambiamento, rappresentavano per il fronte reazionario dell'intera provincia un'occasione di scandalo e un pericoloso esempio da estirpare. L'offensiva dei cosiddetti moderati non si fece attendere. L'occupazione pacifica delle terre incolte fu repressa con un'ondata di arresti, lunghe detenzioni preventive, processi. Contro l'amministrazione Vella si addensò una valanga di denunce ed esposti (conclusi sempre con la piena assoluzione del sindaco), di vessazioni nei confronti di assessori e militanti comunisti (arresti arbitrari e ingiustificati, perquisizioni domiciliari continue, trasferimenti ad altra sede) e di rapporti prefettizi ispirati da un'ottica politica e sociale reazionaria e di parte. A livello nazionale scoppiò un vero e proprio "caso Lacedonia", orchestrato ai livelli più alti dal ministro degli Interni Mario Scelba, con la regia occulta di Sullo e dei suoi luogotenenti, l'intervento in loco del prefetto di Avellino e la solerte collaborazione dei carabinieri di Lacedonia, guidati dal maresciallo Berrino. Il braccio di ferro tra governo e Comune si concluse con la sospensione del consiglio comunale, il 15 dicembre del '50, per "gravi motivi di ordine pubblico", e, il 9 aprile dell'anno successivo, con lo scioglimento. Ma il popolo di Lacedonia, come aveva preconizzato Amendola, si sentiva ormai definitivamente libero, cosciente, protagonista: nelle nuove elezioni del '52, scrive Fiorenzo Iannino, "i lacedoniesi decretarono allora una clamorosa conferma del blocco di sinistra: Vella divenne consigliere provinciale (riconfermato anche nella successiva tornata) e sindaco fu eletto il comunista Angelo Quatrale, mentre alle elezioni politiche dell'anno successivo il Pci (che aveva candidato Vella al Senato) si riconfermò primo partito del paese col 50,7% dei voti alla Camera".

Da capogruppo alla Provincia della lista Rinascita (Pci, Psi e indipendenti), Vella, con competenza e passione, riuscì a porre le questioni sociali dell'Alta Irpinia al centro dell'attenzione regionale e nazionale: si occupò di istruzione professionale, di assistenza agli inabili, intervenne con passione sul dibattito circa il tracciato della Napoli-Bari e propose, inascoltato, la “Carta provinciale delle frane”, in anni in cui il Servizio Geologico Nazionale non era stato ancora concepito.

Conclusa la straordinaria esperienza di sindaco, per Vella si aprì inoltre una nuova, e feconda, fase di impegno pubblicistico, a lui particolarmente congeniale. Negli anni '50 già collaborava a "Cronache meridionali" (insieme a “Nord e Sud” di Francescio Compagna  la più autorevole rivista meridionalista), diretta da Mario Alicata e Francesco De Martino, che ospitava sulle sue pagine la migliore intellighenzia di sinistra del Mezzogiorno. Dal '58 fondò e diresse il periodico "La regione", alfiere della battaglia per l'istituzione dell'autonomia regionale, sostenuta con lungimiranza fin dai tempi de "Il Progresso irpino": il "periodico diretto da Nicola Vella", come recitava la testata, dal '52 al '57 (quando si trasformò anche ufficialmente nell'organo della federazione del Pci.), che rappresenta una delle pagine più alte, in Irpinia, del giornalismo, della politica, dell'impegno culturale (si legga al riguardo l'articolo sul n.3 del 2002 de "L'Irpinia illustrata") e gli editoriali, i saggi, i reportage di Vella ne costituiscono ancor oggi, anche sotto il profilo letterario, uno dei capitoli più interessanti e preziosi.

Il contributo c'è stato inviato, e lo ringraziamo, dal figlio Aldo.

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Ultimo aggiornamento: 13-12-06