|
La figura di Aiace nell'IliadeOmero non accenna mai alla famiglia e all’origine di Aiace; lo presenta come uioV TelamwnoV ( Il. IV 473; XI 563, 591; XVII 293) o TelamwniadhV ( Il. VIII 224, 267) o TelamwnioV (Il. VII 224; XI 526). Nell’ Iliade, Aiace è il maggiore eroe greco dopo Achille; è il più forte durante l’assenza del Pelide. Dalla patria Salamina Aiace giunge a Troia, dove, designato, sceglie, come posto per la sua tenda, l’estremità dell’accampamento lungo il lido del mare. Anche per la bellezza fisica è inferiore solo ad Achille, è un gigante, sovrasta tutti per il capo e le ampie spalle; è il baluardo degli Achei. Il suo scudo, grande come una torre e formato da sette strati di cuoio coperti da un ottavo strato di bronzo, lo rende riconoscibile ai nemici. Avanza nella battaglia come Ares. Nella mischia disperde il nemico << FaidimoV AiaV, reia meteisamenoV Trwwn ekedasse falaggaV, >> ( Il. XVII 284-5 ); l’insegue e ne fa strage simile ad un fiume vorticoso che tutto trascina via; infuria come un leone anche quando è costretto a retrocedere, e come un leone difende il cadavere di Patroclo. Gli Achei si augurano che egli per primo sia scelto dalla sorte a combattere contro Ettore i duci pensano a lui e lo invocano nei momenti più pericolosi << Erceo, die Qowta, qewn Aianta kalesson, . . . alla per oioV itw TelamwnioV alkimoV AiaV, >> ( Il. XII 343-350 ). A vederlo i Troiani tremano, trema Ettore stesso; perché sa che Aiace è il più forte degli Achei . Alle qualità fisiche e di coraggio Aiace aggiunge nobili virtù, quali il senno, la prudenza, l’elevatezza dei sentimenti. Corre in difesa di tutti e prova pietà dei caduti << Tw de pesont¢ elehse megaV TelamwnioV AiaV >> ( Il. V 610 ); incoraggia i guerrieri con nobili parole << AidwV, Argeioi × nun arkion h apolesqai he sawqhnai kai apwsasqai kaka nhwn >> ( Il. XV 501 ). E’ forte e valoroso, non teme nessuno, non cede né alla violenza né all’ astuzia; invita gli Achei a supplicare Zeus e lo invoca direttamente. Suoi compagni in battaglia sono soprattutto suo fratello Teucro e Aiace Oileo. I due Aiaci, ministri di Ares, impetuosi e forti, costituiscono il centro della mischia: <<Amfi d¢ ar¢ AiantaV doiouV istanto falaggeV >> ( Il. XIII 126 ). Aiace, nell’Iliade, è soprattutto un guerriero valorosissimo: per tredici libri del poema, dal IV all’ VIII e dall’ XI al XVIII, sono narrate le sue gesta; dal IV libro sino al XV egli è, con Diomede, il principale guerriero del poema. Partecipa anche ai giochi funebri in onore di Patroclo e, precisamente, a tre di essi. Nella lotta si batte con Odisseo. L’esito è incerto, quando Aiace propone all’avversario che l’uno cerchi di risollevare l’altro. Egli riesce per primo, ma Odisseo, percotendogli da dietro il ginocchio, lo fa cadere a terra, tenta di sollevarlo, ma cadono l’uno sull’altro e Achille fa interrompere la lotta. Nella lotta contro Diomede l’eroe corre grave pericolo e gli Achei, temendo per lui, fanno cessare il combattimento. Nella gara del lancio del disco gareggia contro tre competitori, ne vince due, ma è sconfitto da Polipete. ( Il. XXIII 708 ss. ). Aiace nel combattere non assume, come Achille, posizioni e atteggiamenti individualistici: egli non cerca la gloria, è stato educato dal padre Telamone ad identificare l’onore con la gloria, perciò, egli appare come l’eroe puro, il simbolo vivente dell’ areth eroica che trova la sua espressione nell’azione. Aiace intravede la possibilità di acquistare gloria immortale non nella morte, ma nel rivelarsi eroe; infatti, egli agisce, non secondo un nomoV prescritto, ma seguendo il suo istinto morale, per quell’ aidwV propria della sua indole di anhr. Non c’è ancora in lui nessuna traccia di quell’empietà che si riscontrerà posteriormente nella leggenda. Il silenzio dell’ Iliade è giustificato dal fatto che la narrazione giunge sino alla morte di Ettore e non può comprendere eventi che si riferiscono ad avvenimenti posteriori, come le ultime peripezie di Aiace, cioè il giudizio delle armi di Achille e il suicidio. Troviamo i primi accenni nell’ Odissea dove Aiace appare come l’eroe superiore a tutti gli altri greci, dopo Achille < < AiaV, oV aristoV ehn eidoV te demaV te twn allwn Danawn met¢ amumona Phleiwna .>> ( Od. XI 469-70.). Nell’ XI libro ( 541 ss.) si narra l’incontro nell’Ade di Odisseo con l’anima di Aiace, dal loro colloquio risultano determinanti alcuni particolari importanti per tracciare la posteriore figura del personaggio. Dalle affermazioni di Odisseo emerge che il giudizio delle armi fu causa del suicidio di Aiace <<DikazomenoV teucesin amf¢ AcilhoV >> ( v. 546 ), che gli Achei si addolorarono della morte di Aiace ugualmente come per quella di Achille << Seio d¢ Acaioi, ison AcillhoV kefalh Phlhiadao acnumeqa fqimenoio diampereV × >> ( v.556-8 ), che importante fu l’intervento di Athena come giudice della gara. Il Laertide chiede perdono ad Aiace per avergli sottratto le armi, riversa sugli dei la responsabilità della sua morte, cerca di placare l’anima di Aiace che, invece, insensibile a tali parole, perché non può perdonare l’atimazein ricevuto, si allontana già fiera, disdegnosa e altera. |
|