Lacedonianews Archivio Anno 2006

     
 

FALLIMENTO PER LA BULLONERIA MERIDIONALE

Fino a tre anni or sono la società denominata “Bullonerie Meridionali”, uno dei cui stabilimenti si trova nell’area industriale del Calaggio, in agro di Lacedonia, era considerata in ottima salute e nulla lasciava presagire un epilogo disastroso, che getta sul lastrico ben 160 famiglie.

Per l’economia complessiva del nostro paese e dell’intera zona si tratta di un colpo durissimo. Poco prima di Natale, infatti, il Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi ha dichiarato il fallimento della società capeggiata dagli imprenditori Langè, venuti dal nord nel periodo post-terremoto, per godere, come tutti gli industriali presenti al Calaggio, dei finanziamenti statali.

C’è da dire che per lunghi anni tale famiglia ha assicurato introiti dignitosi e puntuali ai lavoratori cominciando, però, a perdere colpi subito dopo la crisi globale scatenata dall’attentato dell’11 settembre alle torri gemelle di New York.

Successivamente, i Langè, decisero di aprire un altro stabilimento in Campania, nella fattispecie quello di Roccabascerana.

Frammentarono, in tal modo, un’azienda solida nella sua unicità, dividendola in due tronconi claudicanti. E questo è il risultato: hanno perso tutto (almeno all’apparenza). Nel marasma italiano gli unici a non fallire, spesso, sono proprio gli imprenditori “falliti”: chi ci rimette realmente sono i piccoli investitori (vedi Parmalat), accanto alle maestranze che non possono più garantire la sopravvivenza alle rispettive famiglie. Queste le problematiche scatenate da ogni operazione fallimentare.

Del resto eventi di tal fatta sono soltanto l’epilogo di scelte sbagliate (spesso effettuate in maniera non del tutto colposa) dai politici che contavano all’epoca della “ricostruzione”: è noto che essa fu gestita, sotto il profilo industriale, dall’ex ministro Scotti.

A fronte di aziende che ancora resistono ai contraccolpi del mercato globale (poche purtroppo), molte altre, succhiato il latte nelle mammelle statali, hanno voltato la prua verso lidi più caldi ed accoglienti, “fregandosene” bellamente della lunga scia di disoccupazione, speranza delusa e frustrazione che si sono lasciati alle spalle.

Speriamo, nell’interesse globale della nostra comunità, che il curatore fallimentare non pensi di “curare” la questione per tempi biblici, ma che quanto prima si attivi per garantire soluzioni soddisfacenti che riportino lavoro e prosperità nelle case degli operai, da un canto, e di riflesso nel nostro paese, che è “casa comune”.

Chi scrive non ha alcuna difficoltà ad affermare che ogni lavoratore costretto a fare i bagagli per tentare la fortuna in altri luoghi è una denuncia vivente dello stato di declino della società nel suo complesso: quando un’azienda fallisce il fallimento è a carico dell’intera società!

Michele Miscia

 

 
     

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