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L'OCCUPAZIONE DELLE TERRE IN ALTA IRPINIA 1945 - 1950

 
 

L'intervento che segue è del prof. Luigi Chicone ed è contenuto in

 

"Civiltà Altirpina", 1976.

 è stato estratto dal volume "L'Occupazione delle Terre in Alta Irpinia"

 curato magistralmente dal prof. Paolo Speranza

L’OCCUPAZIONE DELLE TERRE

INCOLTE A LACEDONIA

 del prof. Luigi Chicone

Come in diverse parti d'Italia, anche in Alta Irpinia, in seguito al Decreto Gullo del 19 ottobre 1944, furono occupate da contadini delle terre incolte o mai coltivate. Per poter ottenere, però, "la concessione di terreni di proprietà privata o di enti pubblici, che risul­tavano non coltivati o in­sufficientemente coltivati in relazione alla loro quantità, alle condizioni agricole del luogo e alle esigenze colturali dell'azienda, in relazione con le necessità della produzione agricola nazionale"[1],  era necessario

che le associazioni dei contadini si costituissero regolarmente in cooperative o in altri enti. Così nacquero in Irpinia numerose cooperative e leghe contadine, aderenti, per la maggior parte, alla Federterra.  Una cooperativa di oltre settecento soci sorse anche a Lacedonia. Nell'agosto del 1945 si recarono a Lacedonia il dott.Ciro Tarantino dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura e Raffaele Verdezza, segretario provinciale della Federterra; costoro invitarono i contadini lacedoniesi a non "accogliere le provocazioni degli agrari e mantenersi fermi e disciplinati per far rispettare il Decreto Gullo"[2] riguardante la ripartizione dei prodotti in mezzadria.  I Decreti Gullo, però, non furono di facile attuazione[3]; infatti, inizialmente, si ebbero resistenze ed ostacoli da parte delle autorità e dei proprietari terrieri.  Per frenare un po' il moto dei contadini, che diventava sempre più incontrollabile, il Consiglio dei Ministri approvò, nell'ultima decade dell'agosto 1946, uno schema di Decreto, che apportava modifiche al D.L. del 19 ottobre 1944, n. 279.

Tali modifiche furono dettate dalla preoccupazione, da parte del Ministero dell'Interno, del sollecito disbrigo delle pratiche relative all'occupazione delle terre per ragioni di ordine pubblico; dalla necessità di assicurare ai beneficiari l'assegnazione delle terre per un tempo superiore ai quattro anni; inoltre, per garantire l'assistenza tecnica agli assegnatari ed un eventuale finanziamento da parte dello Stato.

Questi provvedimenti avevano di mira la necessità di assicurare anche una maggiore produzione, l'ordine pubblico ed i capitali per l'acquisto delle attrezzature necessarie alla lavorazione della terra. Superflui ed inutili, però, si dimostrarono questi provvedimenti per la rapida invasione delle terre incolte e, a volte, coltivate. Per frenare le arbitrarie occupazioni, il Ministro degli Interni, Mario Scelba, indirizzò ai Prefetti, nel settembre del 1946, una Circolare contenente severe disposizioni; e poiché in molti casi le occupazioni delle terre erano causate "dalla lentezza delle Commissioni preposte a decidere sulle domande di concessione presentate" il Ministro, nella stessa circolare, aggiunse: "...ricordo che la decisione della Commissione e l'eventuale successivo decreto di concessione da parte delle Signorie Loro non devono tardare oltre il ventesimo giorno dalla data di presentazione della domanda"[4].

In quel tormentato periodo venne ad insediarsi la voce di un valente irpino, l'avv. Nicola Vella[5], Sindaco di Lacedonia; egli, in un articolo dal titolo “La terra ai contadini”; apparso sul “Corriere dell'Irpinia”; del 12 gennaio 1946, sottolineò:.... dare la terra ai contadini non vuol dire spezzettare il latifondo. Si tratta, invece, di una vera e propria coloniz­zazione interna con le indispensabili bonifiche: rim­boschimenti, strade, case coloniche, acqua, scuole, cattedre ambulanti, ecc., con lo scopo di permettere ai lavoratori di stabilirsi in campagna . Il Vella aggiunse che i contadini, da soli, non potevano operare grandi trasformazioni; difettavano di capitali; inoltre, essi erano incapaci di adottare i migliori metodi di coltivazione. "Perciò non basta dare  - concluse il Vella -  la terra a chi ha interesse di coltivarla bene, non basta trasferire completamente il contadino in cam­pagna, ma è necessario dargli i mezzi e la capacità di coltivare e migliorare il suo campo e di rendergli la vita meno grama. Bisogna fare in modo che il contadino trovi nel suo ambiente quei conforti indispensabili per un normale vivere civile e non abbia nulla da invidiare all'operaio della città".

Fu dal Vella anche sollecitata l'immediata attuazione della tanto attesa riforma agraria" in modo che i mezzadri, i piccoli fittavoli, gli enfiteuti, e in generale tutti coloro che coltivano la terra con il loro personale lavoro e con quello della loro famiglia acquistino la proprietà della terra che coltivano". L’opera del Partito Comu­nista e delle leghe contadine, nei vari Comuni dell'Irpinia, ebbe un ruolo determinante nelle battaglie per la terra.

I Comuni dell'Alta Irpinia, nei quali questa lotta divenne più aspra, furono: Lacedonia, Bisaccia, Calitri, Aquilonia e Monteverde. Qui il movimento contadino si presentò più forte poiché maggiori erano le sperequazioni nella distribuzione della proprietà e la precarietà dei rap­porti sociali nelle campa­gne. Per la esposizione dei fatti di Lacedonia[6] ci avva­liamo del verbale dei Cara­binieri della locale stazio­ne, che trovasi allegato al fascicolo: "Processo contro Amore Silvestro[7], Zichella Saverio fu Saverio, Zichella Antonio di Saverio[8] per concorso in invasione di terreno”; custodito nell'Archivio del Tribunale di S.Angelo dei Lombardi.

Il Verbale fu redatto il12 marzo 1950 ed espone i fatti verificatisi nella prima decade del marzo 1950.

Con esso i Carabinieri denunciarono Antonio Zichella, Pietro Rendina, Silvestro Amore, Saverio Zichella, Giacomo Mattioli e Michele Pastore per i delitti di istigazione a delinquere per aver pubblicamente istigato i contadini di Lacedonia a recarsi nel Rione Padreterno per andare ad occupare i terreni in località Chiancarelle e Salago di proprietà Rossi di Anzano.

Le direttive per la invasione dei terreni scaturirono, secondo quanto mi hanno riferito alcuni contadini intervistati, dalla riunione te­nuta, a porte chiuse, nei locali del Palazzo Comunale di Lacedonia; ad essa vi presero parte il Sindaco Nicola Vella, Silvestro Amore, Michele Rinaldi e l'avv. Graziadei.

Gli imputati ed i testimoni interrogati in merito, nel corso del pro­cesso, negarono decisa­mente.

Dal verbale sopra citato si rileva che i maggiori animatori per l'occupa­zione delle terre furono Saverio Zichella, Antonio Zichella e Pietro Rendina.

I Carabinieri precisarono nel Verbale che Saverio Zichella, alle ore 5,30 del 6 marzo, fu visto girare, casa per casa, ad istigare i contadini a munirsi di arnesi di lavoro e a recarsi in località

Padreterno, ove tutti sarebbero convenuti, per recarsi alla contrada Chiancarelle.

Nei giorni 6, 7, 8, 9 e 10 marzo, secondo quanto riferiscono i Carabinieri, continuamente incitati dai due Zichella, dal Rendina e dal Mattioli, i contadini tornarono sul campi invasi, non curandosi della presenza degli uomini della forza pubblica; anzi stando al Verbale, il Mattioli, per rassicurare i contadini, avreb­be detto ad altavoce: "Non preoccupatevi. Per i Carabinieri penso io e penserà l'On. Grifone" [9].

Il 10 marzo, nella stessa località, si concentrarono nuovamente i contadini di Lacedonia decisi a continuare l'occupa­zione delle terre, in contrada Chiancarelle, del proprietario Rossi di Anzano (Foggia)[10].

I contadini, stando alla dichiarazione del Rossi, "procedettero ad una parziale zappatura del terreno distruggendo recinti di filo spinato e arre­cando notevole danno alla coltura in atto"[11].

Gli anzia­ni contadini ricordano che, nella prima decade del marzo 1950, Lacedonia aveva l'aspetto di un paese in stato di assedio; dappertutto Celere e Carabinieri venuti da Napoli e da Avellino. Questi militari si reca­rono subito nella zona Chiancarelle.

Appena furo­no sul posto intimarono di sgombrare il terreno; subito dopo procedettero all'arresto di tutti coloro che erano a portata di mano; "perfino due ragazzetti: di quattordici e di sedici anni” [12].

I contadini Lacedoniesi non opposero grande resistenza; né i calitrani, d'altra parte, vollero esasperare troppo i loro animi.

Il 12 marzo 1950 i Carabinieri della sta­zione di Lacedonia procedettero anche all'arresto di Antonio Zichella e Pietro Rendina, ambedue responsabili di istigazione a delinquere ed invasione di terreni; denunziarono, invece, a piede libero  perché latitanti, Silvestro Amore, Saverio Zichella, Giacomo Mattioli e Michele Pastore, i quali furono pure ritenuti responsabili di istigazione a delinquere. Il Rossi si costituì parte civile e pertanto si diede l'avvio ad un procedimento penale.

Il tribuna­ledi S. Angelo dei Lombar­di, il 26 maggio 1951, con­dannò Antonio Zichella, Pietro Rendina, Saverio Zichella, Giacomo Mattioli e Michele Pastore a mesi due di reclusione e L.15.000 di multa. L'Avv. Aurelio Genovese, avverso la sentenza del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, presentò, il 28 giugno 1951, la doman­da di appello alla Corte di Napoli, che, però, il 22 novembre dello stesso anno, confermò la sentenza di primo grado pronunziata dal Tribunale di S. Angelo dei Lombardi.

La Corte di Appello, con la sentenza del 22 novembre 1951, destituì di giuridico fondamento la pretesa teoria della così detta "occupazione simbo­lica", sostenuta dagli avvocati difensori. Costoro, infatti, a sostegno del ricorso in Cassazione, produssero una serie di motivi; tra l'altro essi misero in evidenza che l'applicazione dell'art. 633 del C.l: era errata in quanto la Corte di Appello di Napoli aveva ritenuto che il delitto di invasione di terre non sussisteva; e, infine, che l'occupazione delle terre era puramente "simbolica" e che con essa i contadini di Lacedonia "intendevano sollecitare l'approvazione della legge per la distribuzione delle terre" [13].

L'amnistia, giunta nel novembre1954, annullò la sentenza impugnata presso la Corte Suprema di Cassazione; e, in conse­guenza di ciò, il reato fu dichiarato estinto.

In seguito alla pressione delle violenti agitazioni popolari culminate nel 1949 in Calabria e nel marzo1950 in Alta Irpi­nia, il Governo De Gasperi concretizzò i suoi proposi­ti di riforma agraria in tre provvedimenti legislativi straordinari: la "Legge Sila" (maggio 1950); la "Legge stralcio" (ottobre1950); e la "Legge Siciliana", varata nel dicembre dello stesso anno dal Governo regionale del­l'isola [14].

In Irpinia si accese­ro vivaci discussioni fra i sostenitori e gli avversari di una eventuale applicazio­ne della riforma agraria.

 La stampa di ispirazione de­mocristiana ("Corriere dell'Irpinia" e  "Il Lupo") si fece sostenitrice della tesi secondo cui "gli agitatori comunisti pensano di creare una situazione di carattere politico che non ha ragion d'essere" [15]; essa, inoltre, af­fermò che, nei paesi ove le terre erano state occupate, non vi era alcun problema sociale da risolvere, e, quin­di, con sovrabbondanza di dati e cifre cercò, in ogni modo, di dimostrare che "nella nostra provincia la proprietà è già frazionata" [16], "per cui la riforma fondiaria non fa per l'Irpinia" [17].

Amodio La Sala scrisse che nell'Irpinia non esisteva "né il problema per una riforma agraria come concepita in Italia, né il latifondo da espropriare e quotizzare ai lavoratori della terra, perché noi abbiamo già realizzato con mezzi civici il sogno che in altre regioni d'Italia appartiene ancora ai mondo delle conquiste sociali di là da venire... Qualunque sia il tenore

della riforma agraria e delle leggi speciali per la Sila o per la Marsica, a noi Irpini non interessano come pro­blema locale e forse la rifor­ma non toccherà nemme­no i vari Gambone [18]  'et similia’; perché i terreni che agli ignari sembrano incol­ti non possono servire che al pascolo, altrimenti il pro­dotto non darebbe nem­meno  'o tummolo  p' o compagno’ [19].

Il movimento contadino irpino, esaurita la fase di occupazione delle terre, organizzò riunioni, assemblee, convegni, inviò delegazioni a Roma per ottenere il provvedimento della inclusione dell'Alta Irpinia fra le zone di applicazione della riforma agraria approvata dal Parlamento.

Una delegazione fu guidata dal Sindaco di Lacedonia, avv. Nicola Vella; essa fu ricevuta dall'On. Segni, allora ministro dell'Agricol­tura.

Il Vella consegnò al Ministro un pro-memoria ed un opuscolo intitolato "ALTA IRPINIA", che fu pubblicato nel 1948, a cura del Fronte Democratico Popolare del Mezzogiorno[20].

"Io sostenni -scrive il Vella- che nell'Alta Irpinia, se non vi erano latifondi, vi erano, però  'fondi lati; cioè proprietà di oltre 70-100 et­tari. Segni sembrò convinto. Poi vi fu la crisi di gover­no ed al posto della riforma agraria vi fu l'estensione del comprensorio Apulo-Lucano" [21].

Per circa tre anni i contadini irpini lottarono per l'estensione della Legge.

La necessità dell'estensione della legge fu oggetto di discussione nel Congresso dei Sindaci dei 23 Co­muni della Baronia e dell'Alta Irpinia, tenuto a Bisaccia il 23 maggio1950; in questo Congresso i partecipanti misero in evidenza la necessità di una gestione moderna dell'agricoltura e l'urgente necessità di dota­re i Comuni dell'irpinia di acqua e di altri servizi civici.

Queste esigenze, insie­me a quella della costruzio­ne di un acquedotto in Alta Irpinia, furono ampiamen­te esposte dall'avv. Nicola Vella nel corso di un convegno tenuto a Lacedonia l'11 ottobre1950 per la rinascita dell'Alta Irpinia.

Questa lotta si protrasse fino al marzo del 1952, senza che desse i frutti sperati; come compenso, l'Irpinia fu inclusa nel comprensorio di bonifica Apulo-Lucano. 

NOTE


   [1] Cfr, l'art. I del Decreto Luogotenenziale. n.279, in Gazzetta Uff., serie speciale,4 novembre 1944,n.77.

   [2] Corrispondenza (anoni­ma) da Lacedonia, in"Irpinia Libera", Avellino, 9.8.1945.

   [3] Al Decreto del 19 Ottobre 1944 ne seguirono altri.

   [4] Il testo integrale della circolare trovasi in "Irpinia Economica", Avellino 19.9.1946.

 

    [5]  Il Vella è nato a Monteverde (Av) il 22 ottobre 1902. Laureatosi in giurisprudenza, si  stabilì per alcuni anni a Lacedonia, avendo sposato una figlia del dott. Michele Galderisi. Fu pubblicista: diresse nel 1923 "La fiamma"e dal 1952 al 1958 il settimanale politico"Il progresso irpino"; fu pure direttore de "La Regione": attualmente (siamo nel 1976) dirige "L’Italia forense". Ha scritto e scrive di arte, poesia, critica, diritto. Dal 1924 al 1927 fu tra i migliori del movimento artistico giovanile "La scapigliatura meridionale". Per oltre un quinquennio, nel periodo dell'occupazione delle terre, fu sindaco di Lacedonia; fu militanza politica nel PC.I. Infatti, nelle elezioni politiche del 1958, egli fu un unsuccessful candidato al Senato per il collegio altirpino per la lista dell'allora ben noto movimento di "Comunita". pure Consigliere provinciale dal 1952 al 1956. Fu componente del Comitato della Rinascita del Mezzogiorno con l'ex Ministro Luigi Gullo, Fran­cesco De Martino ed al­tri. Per rispetto della storia bisogna aggiungere che al Vella non fu del tutto ri­conosciuto il merito della sua pluriennale

[6] I fatti di Bisaccia, Calitri, Aquilonia e Monteverde saranno ampiamente trattati in un lavoro che sto preparando da alcuni anni.(siamo ne1976 e non sappiamo se il lavoro del prof.Chicone, deceduto in seguito al sisma del 1980, sia stato compiuto o meno)

[7] Contadino.

[8] Figlio di Saverio.

[9] Pietro Grifone era deputato del P.C.I..

[10] All'occupazione parteci­parono pure i giovani di­rigenti della locale sezione comunista, A.Cocozzelo e A. La Vacca.  Antonio Cocozzello aveva scattato delle foto. All'apparire dei Carabinieri, onde evitare il sequestro della macchina fotografica, Cocozzello mise la stessa nella bisaccia del mulo cavalcato dalla Guardia campestre municipale, Peppino Zichella; poi avvisò del fatto l'interessato, rassicurandolo che, nella serata, sarebbe passato da lui un amico per ritirarla. Due giorni dopo le foto dell'occupazione delle terre apparvero su "L'Unità".

[11] Tale dichiarazione trovasi in "Processo Verbale di Istruttoria Sommaria", fatto nella Pretura di Accadia, il 27 aprile 1950 ed allegato al "Processo contro Amore Silvestro…”, citato.

[12] Corrispondenza (anoni­ma) da Lacedonia, in "La Voce del Mezzogiorno", 18.3.1950.

[13] Dal ricorso in Cassazione presentato dall'avv. Mario Palermo, avverso la sen­tenza della Corte di Na­poli del 22 novembre 1951, in"Processo contro Amore Silvestro, Zichella Saverio..!', citato.

[14] A.Coletti, La questione meridionale, S.E.I., Torino, 1974, p. 143.

[15] Cfr. "Corriere dell'irpinia", 25 marzo 1950.

[16] Ibidem.

[17] Cfr"Il Lupo", 24febbraio 1950.

[18] Proprietario terriero di Lacedonia

[19] Cfr. "Corriere dell'Irpinia", 29  aprile 1950.

      [20]   Nella prefazione si legge... "le pagine di Vella descri­vono condizioni di vita comuni al Mezzogiorno in generale, accennano a questioni che valgono per ogni regione meridionale, compongono insomma un quadro che non s'arresta ai confini dell'Alta Irpinia. Sulla base della viva, concreta esperienza di uomi­ni, cose e problemi del Mezzogiorno che egli ha fatto giorno per giorno, lavorando e lottando a Lacedonia e nell'Irpinia, Nicola Vella è riuscito... a farci un quadro semplice e reale delle condizioni di miseria, di arretratezza, di abbrutimento in cui vivono e lavorano milioni di uomini e donne nel Mezzogiorno d'Italia".

[21] Da una lettera che il Vela mi spedì il 29 ottobre 19

 
 

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Ultimo aggiornamento: 13-12-06