Il pranzo e la trombettadi Luigi Ferrante Era sempre “l’anno freddo” e dovevamo giocare in un paese vicino ad Isernia, se non proprio ad Isernia. Qui vive un nostro amico lacedoniese, Tonino Giammarino, che aveva visto nascere la squadra e ne aveva partecipato con passione alle prime avventure con il ruolo discreto di dirigente e sostenitore. Da molto tempo, per motivi di lavoro, si era trasferito ad Isernia e raramente è tornato al paese, anche solo per passare un breve periodo di vacanza; seguiva la squadra e le cose del paese da lontano, perché, venuto a sapere della nostra trasferta, si mise subito in contatto con i dirigenti ai quali confidò il desiderio di ospitarci a pranzo. Tonino, che è sempre stato generoso e persona dalle buone maniere, è anche profondo conoscitore delle nostre abitudini, sa anche benissimo che il pranzo che precede una gara è sempre leggero, povero di grassi, con alimenti che sono facilmente e velocemente digeribili, ma sa anche che in un’occasione come questa si può , forse, fare qualche piccola trasgressione: e, infatti, il ristorante ed il menù scelto da Tonino poco si prestava al nutrirsi di una compagine di atleti. Mangiammo tutti a sazietà, con appetito e con gusto, perché le portate erano molto gustose, e sinceramente Tonino ne fu contento. Il problema era che dovevamo giocare una partita contro una squadra per niente male. Un po' appesantiti e assonnati, mentre ci avviavamo verso il campo di gioco, uno stramaledetto e squillante suono ci risvegliò di colpo e ci ricondusse immediatamente alla realtà della gara: uno spettatore, per niente afono e che forse aveva accolto anche le altre squadre allo stesso modo, chiamò a gran voce il nostro più alto baluardo difensivo,e, attirato dalla fascia che portava sul braccio, esclamò: - Capitanoooooooo!!. · Il suono che fece uscire dalla sua ugola era forte, straordinariamente alto ma soprattutto di una durata infinita: salimmo le scale che ci portavano al campo e quell’uomo, peggio di Louis Armstrong, mantenne alta e incessante la tonalità della trombetta; - arrivammo sul campo, ci avviammo verso il centro del campo e quel suono interminabile e profanante come l’Hendrix di Stars and Strikes continuava; - solo quando ci fermammo al centro del campo, il nostro Eduardo tacque. L’effetto che ebbe su di noi, perché era rivolto a tutti noi, fu in un primo momento: - di orgoglio, ne avevamo viste di peggio, - poi di avvilimento e derisione, la trombetta si sentiva forte e tonante, - in seguito di sconforto assoluto, così non ne avevamo mai sentite, - ed infine di stupore e quasi di divertimento. Chiaramente la performance del nostro venne applaudita dal pubblico e noi non potemmo fare altro che aggiungere anche i nostri battimani. |